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Archive for febbraio 2016

qualche anno dopo

era febbraio, caldo che non ci credevi ancora
a vedere i mandorli in fiore
i prati verdi
ed angeli alati scorazzare sui motocross
senza essere bardati come chi
prima
doveva affrontare lunghi e gelidi inverni all’aperto.

Will entrò nel salone.
Il bar era chiuso a quell’ora del tardo pomeriggio
ma come spesso gli capitava
aveva le chiavi
per arrivare dove gli altri a volte
non riuscivano.

La polvere era spessa e si sentiva anche se
vecchia
dormiva sulle assi di legno
scriocchiolanti.

Pioveva forte
e le finestre enormi del River Cafè
per qualche motivo
erano pulite
limpide e pure
senza colpa
quasi innocenti
e la luce del tardo meriggio
le stagliava perfettamente sul buio del locale.

Picchiettava duro la pioggia calda
il vapore saliva dall’erba
il fiume si gonfiava tronfio
il vecchio ponte Williamsburg
era puntellato del rosso delle macchine che sfrecciavano
verso Manhattan.

A lato della finestra
Will la vide
prima le lunghe gambe
bianche come il latte
grige come la cenere
affusolate come una gatta in calore
poi il bicchiere di liquido ambrato
che ritmico faceva la spola
tra la pancia e la bocca
intervallato dal tabacco sfiatato
dalle narici.

L’ultima volta che l’aveva vista
era stata al Circo Massimo.
Qualche anno prima.
Si erano minacciati.
Sparati.

Angie era morta.
Oppure no.

Il vento ululava.
Come fosse un coro.
Ed i tuoni
erano rombi a due cilindri
marmitte scoppiettanti
come quando dai gas
che senti le vene piene di quello che sei.
Alcuni dicono di benzina.
Altri di vita pura.

Angie era ferma.
Will non sapeva che dire.
Era un sogno?
Non è tutto un sogno?
“Io ti ho sparato”

Angie rise nel modo che solo lei sapeva.
“Lo so. E forse mi hai anche uccisa.”
Will si versò due dita di Cubaney
e rollò un po’ di Pueblo.

Erano cambiati,
ma alla fine erano sempre loro.

“Poi qualcuno deve avermi sognata e per magia eccomi qua”.
“Non si muore allora, Angie?”
Sorrise triste, ancora una volta.
E due sorsi di Cubaney
e via a disegnare l’aria.

“Sai che c’è Will?
Non cerco grandi idee
che tanto non si realizzeranno mai…
dipingo  me stessa di bianco
riempi i vuoti in qualche modo
ma mancherà qualcosa
appena trovi qualcosa, subito ti sfugge dalle mani
appena lo senti, un istante dopo non lo senti più
sei finito fuori binario
quindi non cercare grandi idee
tanto non si realizzeranno mai
andrai all’inferno per quello
che la tua mente sporca sta pensando”

Piangeva Angie.
Aveva la pistola del Circo Massimo.
La stessa che Will le aveva lasciato accanto,
come volesse lavarsi l’anima col piombo
e dire a tutti che lei e solo lei voleva le lacrime
che morendo
rigavano il viso caldo.

Se la puntò sotto il mento.
Il mascara sbavato
gli occhi al soffitto.

Will la vide spegnersi in quel gesto non-umano
e fece per scattare verso di lei.

I suoi occhi erano lame di ghiaccio
potentissimi ed arcani
lo immobilizzò solo così,
guardandolo.
“Non si muore. Non si muore fino a quando qualcuno ti sogna
e questo è tutto un sogno Will”.
Tolse la pistola da sotto il mento
e la gettò ai suoi piedi.
“Non si muore mai Will. Mai”

Si alzò,
si spogliò e
nuda…
nuda come il latte si mischiò alla pioggiasparendo nella nebbia
al River Cafè.

Sul Williamsburg Bridge
una motocross sfrecciò veloce
facendo cadere tanti schizzi di pioggia ,
proprio dove Angie era sparita,
tanto da sembrare una stella cometa.

Non si muore mai” pensò Will.
E buttò la pistola nel fiume.

Angie Angie…
che la notte si addormentava senza lacrime.
E che la mattina non voleva svegliarsi.

 

 

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