Bevve anche quella sera il veleno di saperla non sua in ogni momento in cui la pensava.
Se avesse avuto tutto l’oro della California, non sarebbe cambiato nulla.
Come i fiumi vanno in mare, e gli uomini si sopravvivono, lui era destinato a non averla.
Violini suonano.
I colori sono rosa ed azzurro.
Caldo di felpa davanti al mare di settembre, con jeans e piedi scalzi, seduti su sdraio inclinate sul mondo.
Col vento ad accarezzare l’anima.
E l’acqua nera, verde e bianca.
La freschezza di quella pelle. Liscia come i violini che suonano.
Ancora le mani.
Radici che cercano terra da invadere, facendosi strada inesorabilmente.
Non parlò.
Glissò.
Sentì però le vene pulsare. E sentì il suo respiro rincorrere le onde.
Fu naufragare.
Dolcissimo naufragare.
Brividi esplodevano in ogni dove.
Soccombere al pensiero, arrendersi, fu miele caldo da mangiare.
Immaginò le labbra.
Un tuffo voluttuoso.
Talmente proibito, da fregarsene di una seconda cacciata dall’Eden, ben conscio di quello che la prima aveva potuto comportare.
Era possibile bruciare inestinguibilmente?
Un fuoco freddo, di quelli soli.
La sua dannazione.
Il suo veleno.
Il suo sorriso.
Il suo punto di partenza.
E di arrivo.
Galleggia su un mare argentato da luna, stelle e fresco.
L’orizzonte è un pensiero, dove il mondo potrebbe andare giù a cascata..
se vedi bene, in certe notti, lo puoi ancora vedere sorridere mestamente, proprio lì, al confine tra terra e cielo.
Né da una parte, né dall’altra.