Un sorriso triste, tragico, dipinto sul suo viso.
Accenna una mossa con le mani, poi va al pianoforte.
A Downtown finalmente l’alba ha preso piede.
Un’intera notte è trascorsa.
Cisco e Zoe sono al centro del salone principale dell’albergo.
Tre delle quattro pareti dell’enorme stanza sono composte da finestre enormi, alte almeno 5-6 metri, di legno bianco laccato e vetri un po’ sporchi di condensa verso il soffitto.
La luce entra come un re in parata, in città vinte,
baldanzosa e fiera,
diretta e senza filtri, e si riflette sul pavimento a scacchiera, lucida e pulitissima.
Cisco si siede ed inizia a suonare un motivetto stupido, con puntate sul DO e sul FA.
“Il cuore mio non ce la fa”
“Sembrava tutto così semplice, per quelli come noi“
“Senti che ci manca qualcosa, che c’è sempre una scusa, che la gioia si è offesa, che non c’è la scintilla, ma una colpa (sinceramente) non c’è“.
“Adesso dirsi tutto è utile“
“Resta che una parte del cuore sarà sempre sospesa, Zoe“
“Come fosse in attesa?”
Ecco un raggio di sole entrare dalla finestra.
“C’è sempre una scusa, si è spenta una stella ed una colpa non c’è“. Cisco socchiude gli occhi.
“Tu ci credi a quello che non vedi..?”
“Eppure…” Zoe non riesce a parlare, ha un nodo in fondo, ha capito.
Non sapevano bene cosa stava succedendo.
Come ci erano finiti.
Quando ci erano entrati.
Il sole è su.
L’aria profuma di buono.
“L’amore (ora) è un’altra cosa“.
Zoe spalanca gli occhi.
Trema la sua bocca.
Trema tutto il mondo.
E domani?