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Posts Tagged ‘Europa’

Wolfang Schauble lo ha detto a chiare lettere poco prima di partire per il G20 canadese: “il deficit va ridotto“.
A Berlino la parola d’ordine ormai è “crescita stabile“. E dunque una riduzione del deficit non solo è cosa buona ma anche necessaria.
I deficit pubblici sono ritenuti tra i maggiori responsabili della crisi economica che stiamo vivendo ed il ministro delle Finanze tedesco non usa mezzi termini: “il G20 ha sempre concordato sull’obiettivo di una crescita sostenibile accompagnata da una riduzione moderata dei deficit pubblici troppo alti”. Rincarando la dose e rispondendo direttamente alle critiche USA: ” Per una crescita durevole è necessario ridurre i deficiti; solo allora creeremo la necessaria fiducia per un aumento della domanda di consumi ed investimenti”.

Un fatto incontestabile è che l’Asia non è stata toccata in nessun modo dalla crisi, e gli USA sono già in ripresa; l’Europa zoppica. Ma l’Europa è fatta da realtà differenti, e Schauble pensa che questo sia un fattore positivo, poichè porta alle trattative, alla concertazione ed alla ricerca di una soluzione comune che inevitabilmente migliora la situazione del Vecchio Continente.
Inoltre spazza via la paura deflattiva: “La Germania ha un deficit federale quest’anno pari a 65 miliardi € senza considerare regioni e comuni; ridurlo di 11 miliardi l’anno prossimo non significa entrare in deflazione. Il nostro obiettivo è una crescita stabile, che nel lungo periodo ha un potenziale dell’1.5%”.
(La deflazione è la diminuzione dei prezzi dovuta alla contrazione della domanda, dei consumi…non un ottimo segnale economico…le aziende devono abbassare i prezzi, dunque anche contenere le spese, e dunque il costo del lavoro…una reazione a catena insomma)

L’idea che emerge a sentire parlare Schauble è che la Germania (ovviamente?) considera la propria posizione in un contesto “ancora” europeo. Ma altrettanto evidente è che la Germania ha deciso (giustamente) di fare “le cose” a modo suo, e l’Europa, volente o non, dovrà adattarsi alle misure tedesche e cercare di inseguire la storica locomotiva, che sembra cercare il giusto binario e procede sì, ma tentennando un pò.

Sono dell’idea che una Germania senza Europa (ma con un ristretto numero di Paesi vicini tipo quelli baltici) possa andare avanti, ma un’Europa senza Germania non è concepibile.

Italia & Co. sono avvisati.
I compiti a casa sono stati dati.

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Convegno tenutosi il 17 giugno 2010 a Roma presso la Rappresentanza Italiana della Commissione Europea.

Dopo i saluti del Direttore Lucio Battistotti, ha preso la parola il prof. Arrivo Levi, già consigliere del Presidente Ciampi, che ha introdotto il dibattito attingendo dalla sua formidabile vita e dalle sue innumerevoli e brillanti esperienze.
Si è parlato della crisi, e di come essa non sia un momento necessariamente negativo se alla base vengono effettuate scelte importante per il futuro. Riferimento fondamentale per Levi è Winston Spencer Churchill, unico vero vincitore della Seconda Guerra Mondiale, insieme a Stalin, che aveva capito nitidamente la necessità di una dimensione europea (“il Commonwealth capirà!”).
Riferimento alla storia italiana è stato la riconsiderazione delle crisi di governo e dell’instabilità che all’estero ci hanno affibbiato per decenni; Levi considera la cosidetta instabilità governativa come un abbaglio: i governi erano DC, con lenti mutamenti della compagine politico-partitica, ovvero senza scosse, e le persone al potere o meglio al comando, erano sempre le stesse (avrei molte obiezioni da muovere circa la positività di un tale contesto, ma non le esporro qui).

Il sen. Valerio Zanone, presidente del C.I.M.E. cita Jean Monnet : “l’Europa è fatta dalle crisi”, rincarando la dose dicendo: “cos’è l’Europa? Un patto per la pace!”…..

L’intervento del Min.Plen. Guido Lenzi si apre con un riferimento all’Italia del Ventennio che personalmente vedo perfettamente cucibile sulla nostra pelle : “l’Italia vera è quella sottostante a quella piena di teatralità del Ventennio” . Per Lenzi la diplomazia è l’arte della cospirazione per eccellenza, ove andare oltre le regole ricevute non è solo permesso, ma NECESSARIO! Il riferimento ovvio e più prossimo è naturalmente la costruzione europea…
Lenzi rincara la dose: “la diplomazia è l’arte dell’immaginare il futuro, non di prevederlo…rendere evidente ciò che ancora non lo è”.
Poche parole non buone,inoltre, per l’ONU : “E’ un’istituzione che non funziona, ed è una evidenza”.
Anche il Min. Plen. ha un apparente messaggio di speranza per la barca europea, sciorinando alcuni dati : la crisi di Suez del ’56, quella di Praga del ’68, il crollo del Muro nel 1989 e l’allargamento europeo nel 2004. Le crisi fanno l’Europa…

Più consono al contesto, è l’intervento dello già Ambasciatore a Berlino, Silvio Fagiolo: “L’Europa è un processo reversibile; il momento è davvero difficile, cui fa subito eco opposto l’Amb. Rocco Cangelosi: “L’Europa è irreversibile, l’Euro si…”

L’idea che mi sono fatto è complessa.
L’Europa non è in buona salute.
Le crisi hanno fatto l’Europa, vero.
Ma emerge con forza il gap culturale tra i governanti di oggi e quelli di ieri ed avantieri. Non c’è stata un educazione civica europea nei politici, nei cittadini, nelle istituzioni nazionali, nella stessa Bruxelles. Il tornaconto nazionale è la strada. La Grecia è stata salvata (???) non per l’Europa, ma per meglio gestire le varie crisi nazionali. Intendiamoci l’Europa è stata fatta per questo.
Ma è l’approccio e lo spirito, le reali motivazioni che minano un’idea così fragile come quella europea..

Mi sembra di vedere un chiodo che non è stato fissato bene nel muro, che bastava qualche martellata in più, ed ora il quadro sta per cadere.

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L’accordo politico per la realizzazione del nuovo servizio diplomatico europeo – raggiunto lunedì 21 giugno a Madrid dalla Presidenza spagnola dell’UE, dalla Commissione europea e dall’Europarlamento – rappresenta un successo per la realizzazione di una politica esterna forte e coerente. Il Presidente José Manuel Barroso ha espresso così la sua soddisfazione: “La Commissione europea desidera che il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) diventi operativo il prima possibile e l’accordo politico raggiunto oggi a Madrid rappresenta un passo fondamentale. Continuerò a collaborare con le altre Istituzioni affinché le prossime tappe siano raggiunte rapidamente”.

Questo accordo si inserisce in un percorso iniziato il 1° dicembre 2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona che ha istituito la figura di Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione, carica ricoperta da Catherine Ashton, Vicepresidente della Commissione europea e Presidente del Consiglio “Affari esteri”. Nell’esercizio delle sue funzioni la Ashton guiderà il servizio diplomatico europeo che sarà composto da circa 6mila funzionari, provenienti dalla Commissione, dal Consiglio e dai 27 Paesi membri. La Commissione europea ha già adottato lo scorso 9 giugno un progetto di proposta in tal senso che modifica lo statuto del personale in vista della creazione del Servizio europeo per l’azione esterna.

L’obiettivo è creare un servizio diplomatico cui sia assegnato, nella maniera più efficace, trasparente ed equa possibile, il personale necessario, conformemente alle finalità del Trattato. A tal scopo è importante garantire una rappresentanza adeguata e l’equilibrio geografico del personale appartenente ai servizi diplomatici nazionali degli Stati membri.

Il SEAE aiuterà l’Alto rappresentante nel coordinamento dell’Azione esterna dell’Unione, elaborerà le strategie politiche e si occuperà della loro applicazione, una volta approvate dal Consiglio UE. Assisterà inoltre il Presidente del Consiglio UE e la Commissione nelle loro rispettive funzioni nell’ambito delle relazioni con i Paesi terzi. Grazie alla rete di strutture in cui sarà articolato, avrà rappresentanze in tutte le più importanti aree geografiche.

Il servizio diplomatico potrebbe già essere operativo dall’autunno, se il mese prossimo l’Europarlamento ratificherà l’Accordo di Madrid. Gli Stati membri sono chiamati a raccogliere una sfida importante: collaborare affinché l’Europa diventi un interlocutore credibile e affidabile sullo scacchiere mondiale.

Come ha dichiarato Catherine Ashton: “È importante che l’Ue faccia sentire il proprio peso nelle aree afflitte da crisi e conflitti. Ciò rientra nelle responsabilità di un «global player», ma è anche parte integrante di una politica di sicurezza per l’Europa”.

Carlo Corazza
Direttore della Rappresentanza a Milano

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«La banca centrale della Libia è un azionista molto rispettoso e molto attento allo sviluppo di UniCredit». A parlare è il CEO di UniCredit, Mr. Alessandro Profumo, nell‘intervento alla presentazione del libro “Il viaggio di Muhanimar Gheddafi in Italia” . «Consideriamo la Libia e i fondi sovrani che si sviluppano nel Paese – ha aggiunto Profumo –  come potenziali portatori di stabilità nelle grandi aziende italiane».

Riguardo all’ interscambio commerciale con la Libia, il banchiere di UniCredit ha sottolineato che «l’Italia rappresenta pi o meno il 38% dell’export libico (26 miliardi di dollari ) e il 22% dell’import». Aggiungendo: «Uno degli obiettivi strategici della Libia è passare dal peso del 73% sul Pil libico del settore dell’oil al 46%. Questo richiede una quantità d’investimenti nell’industria e nelle infrastrutture estremamente rilevanti: dai 350 ai 650 miliardi di dollari nei prossimi venti anni…

«Un’opportunità per l’Italia».  Se l’apporto dei capitali libici è stato rilevante, in una certa fase, anche per UniCredit, il tema del capitale delle banche continua a dominare il dibattito europeo banche-politica istituzioni. «La nuova regolamentazione europea sul capitale delle banche minaccia l’occupazione e la crescita nella zona euro», perché comporterà una inevitabile stretta dei flussi di credito verso l’economia reale; sostiene sempre Profumo questa volta in veste di presidente della Federazione Bancaria europea (FBE). Quest’ultimo ipotizza un forte impatto negativo delle misure proposte dal Comitato di Basilea sul fronte dei requisiti di capitale: in dieci anni una perdita di oltre il 4% del Pil dell’Eurozona e 5 milioni di posti di lavoro in meno. Inoltre, secondo l’Fbe, le nuove regole sul capitale delle banche colpirebbero maggiormente  l’Eurozona rispetto gli Usa, visto che i prestiti bancari nella zona euro rappresentano il 75% del totale dei prestiti nel settore privato, mentre negli USA una percentuale nettamente inferiore.

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80 miliardi di euro.

Germania, 8 giugno 2010.

I tagli ai conti pubblici previsti dalla manovra approvata a Berlino si aggirano su questa incredibile cifra.
Nel 2011 saranno 11,1 miliardi €, nel 2012 16,1 , nel 2013 25,7 e nel 2014 32,4 miliardi di €. Guido Westerwelle, il vice-cancelliere e leader del partito liberale, annuncia che sarà una manovra “giusta” ed equilibrata.
Sono previsti 15000 dipendenti in uscita dal settore pubblico; tasse al trasporto aereo (aumenteranno le tariffe, prepariamoci) e tasse all’energia nucleare con previsione di riduzione delle sovvenzioni alle energie alternative.

E’ un piano salvataggio in quattro anni quello che viene approvato dopo lunghe trattative e negoziazioni orchestrate da Angela Merkel.

Si vuole dare un esempio forte ad un’Europa debole. Disciplina, paletti, regole. La Germania sale in cattedra dopo supplenze opinabili e detta i compiti a casa, si potrebbe pensare.

Timori fortissimi sono stati sollevati da europei ed americani per il pericolo che deriverà da una strozzatura così imponente della spesa pubblica tedesca, che sottende tutta l’economia tedesca, vero volano d’Europa.
Qualcuno inizia a suonare le campane a morto per l’euro. E fondamentalmente, se sei la nazione più importante ed economicamente più forte di una regione, perchè condizionarti a Paesi più deboli, in caduta libera ed in ritirata e senza un piano reale ed effettivo di risanamento?
Lo spirito d’Europa io credo non ci appartenga più. I Padri Fondatori (sic!) avevano esperienze alle spalle talmente tragiche da riversare nel futuro le migliori aspettative e le migliori speranze, che sicuramente avrebbero appianato i dissidi che sarebbero potuti sorgere. Ma cinquant’anni sono pasasti, senza che nessuno a Bruxelles (una nuova Babilonia?) si interessasse ad educare i cittadini nazionali a diventare cittadini europei. Troppe le differenze, troppa storia, dico io, alle spalle. Ma in cinquant’anni si sarebbe potuta formare una generazione, almeno una parte e magari quella dirigente, dall’orizzonte europeo. Un’occasione persa. Sì, credo davvero un’occasione persa. Perchè io credo che l’Europa sia giunta al massimo che poteva, sarà una lenta ricaduta dentro le vecchie trincee nazionali? E non sono da escludere eventuali scossoni…

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